
Nell’ambito del corso di formazione per famiglie realizzato da Azione per Famiglie Nuove delle Marche “Il diritto di essere amati”, il prossimo appuntamento sarà con l’educatore e formatore Paolo Petrucci il 26 novembre alle 18 a Moie, presso la Biblioteca La Fornace, su “Il dialogo tra giovani e famiglie”.
A Corinaldo il 12 novembre il cardinale Francesco Montenegro ha visitato il santuario di Santa Maria Goretti e i nuovi ambienti del centro studi Santa Maria Goretti. Accolto dalle autorità civili e militari di Corinaldo, ha apprezzato il percorso attivato dal comune in collaborazione con la Cei e la diocesi per far conoscere l’attualità della vita di santa Maria Goretti. Nella sua conversazione, il cardinale Montenegro ha parlato di famiglia come palestra per imparare ad abitare il mondo e andare verso l’altro ed ha definito questo tempo come tempo del disprezzo della vita e dell’uomo. «Parlare di famiglie non è facile perché c’è un senso di smarrimento attorno ad essa, c’è una rivoluzione silenziosa anche nel modo di considerare il partner, prende spazio il concetto di convivenza rispetto alla nuzialità, l’idea dei due cuori e di una capanna non esiste più. Il credente deve considerare Dio una presenza della famiglia, nella fedeltà alla fede deve vivere una relazione interpersonale con l’altro per renderlo felice, si sposa perché accetta Dio come protagonista del suo amore, di un amore con i guanti che rispetti e onora il coniuge. Nella misura in cui strutturo la famiglia, la rendo capace di accogliere un’altra persona. L’evangelizzazione del futuro dipende in gran parte dalla chiesa domestica, il tavolo della cucina è il prolungamento dell’altare, perché preparare la mensa è un gesto che sazia e indica la cura. La chiesa domestica è la scuola dell’amore, della conoscenza di Dio, del rispetto della dignità della persona».
Gli incontri rientrano nel corso di formazione per famiglie realizzato da Azione per Famiglie Nuove delle Marche (odv) con il sostegno del Centro Servizi Volontariato. Il progetto si svolge con la collaborazione dei comuni di Corinaldo e di Maiolati Spontini, del Forum delle Famiglie delle Marche con il progetto scuola “Immìschiati a scuola”, dell’Istituto comprensivo Carlo Urbani di Moie, delle parrocchie di Pietralacroce di Ancona e dell’unità parrocchiale di Maiolati Spontini, Moie e Scisciano.
Il progetto, coordinato da Paolo Perticaroli e Paolo Petrucci, è articolato in incontri a Corinaldo e Moie e trasmessi in diretta streaming.
«Dobbiamo togliere dal nostro cuore le idee sbagliate sull’educare fino a quando il bambino ha sei anni – aveva detto Aceti nel primo incontro del 15 ottobre – avere il coraggio di disfarci dei pregiudizi, comprendere la logica egocentrica del bambino, saper gestire la crisi isterica dei piccoli, esercitarsi nella prevenzione e nella tolleranza. Il bambino si fida ciecamente dei suoi genitori, è tutto concentrato sul presente e ha bisogno di qualcuno che gli spieghi». Il relatore è poi passato a dare alcune sollecitazioni per gli educatori degli adolescenti, si è soffermato a valorizzare il senso degli oratori che permettono di vivere esperienze positive e ha dato alcuni suggerimenti su come rafforzare le autonomie. «Dobbiamo creare una schiera di giovani che hanno a cura la cosa comune – ha spronato Aceti – che hanno uno spazio di libertà in cui possono fare esperienze, anche nella gestione della paghetta settimanale, che imparano a fare una rinuncia piccola per raggiungere una meta maggiore, che impara a mettersi nei panni dell’altro, a diventare grande. I cinque pensieri sull’educare: prendere atto dei pensieri dell’altro, costruire situazioni di successo, dare senso e controllo della vita, essere degni di affetto e mostrare un’immagine positiva di sé».
L’educatore Lorenzo Lattanzi, nel pomeriggio del 22 ottobre a Moie, in biblioteca, ha trattato la questione dell’emergenza educativa, proponendo esempi tratti dai social più usati dagli adolescenti e dai giovani. «I ragazzi hanno maggiore confidenza ma minore competenza con i dispositivi – ha spiegato – e gli adulti hanno maggiore competenza ma minore confidenza, e per questo non devono rinunciare al ruolo educativo e tornare ad assumersi la responsabilità di dire ciò che è buono, opportuno e formativo».
